Verrà inaugurata prossimamente  una lapide sulla casa di via Sacchi 66 a Torino abitata da Norberto Bobbio per una vita. Un’ottima e anche una doverosa idea per onorare un grande del ‘900.  A pochi torinesi è stato riconosciuto questo onore  e Bobbio lo merita sicuramente. Ma leggere sugli inviti, insieme al Comune di Torino, anche il Centro Gobetti con il nome del suo presidente Revelli costituisce un precedente inedito e anomalo perché mai nessuna associazione è stata inserita con questa ufficialità. E poi avrei dei dubbi sul fatto di identificare Bobbio col Centro Gobetti di cui  il filosofo solo negli ultimi tempi è stato presidente. Il Centro Gobetti è stato da sempre filo- comunista in modo esasperato. Ricordo l’estremismo di Carla Gobetti che fu molto intollerante. Bobbio per anni non fu un gobettiano. I suoi riferimenti culturali erano più complessi e raffinati rispetto all’acerbo pensiero in nuce del  pur geniale ed eroico giovane antifascista. 

Doveva semmai essere associata nell’iniziativa l’Università di Torino di cui Bobbio fu uno dei maestri più significativi. Ma vorrei anche aggiungere che anche Rita Levi Montalcini, Nobel e senatrice a vita come Bobbio meriterebbe una lapide sulla casa natale e non certo per motivi di quote rosa. La presidente Grippo sempre così attenta dovrebbe pensarci.

Bisognerebbe anche parlare di un mega convegno di tre giorni  su Bobbio, ma mi astengo per evitare l’uso di parole troppo severe. Le messe cantate e i tridui laici non si addicono a Bobbio. Servono solo ai sedicenti, arroganti continuatori di Bobbio di illudersi di sopravvivere all’oblio accademico e alla pensione. Uno dei celebranti odierni di Bobbio, ottantenne,  disse alla  sua morte che senza il maestro sarebbe stato nessuno. In verità rimase nessuno anche con Bobbio che lo considerava pochissimo.