Il Centro Pannunzio, che ha intrattenuto rapporti cordiali e anche dialettici con Mons. Luigi Bettazzi, intende rendere omaggio a quello che in modo semplicistico venne definito il vescovo rosso di Ivrea, anche se è difficile dare un giudizio storico su di lui. Ultimo testimone del Concilio Vaticano II, Bettazzi, insieme al cardinale di Bologna Lercaro, avrebbe voluto che questo fosse una rottura più forte con il passato, secondo il desiderio di Papa Giovanni XXIII. Fu Paolo VI (che nominò vescovo Bettazzi), a comprendere l’importanza di salvare l’autorità del Papa rispetto alla collegialità, che avrebbero preferito Lercaro e il suo ausiliare a Bologna Bettazzi. Nel turbinio tempestoso del ‘68 che voleva scardinare anche la Chiesa in nome di una religiosità marxisteggiante, eretica e terzomondista, egli si espresse nel dissenso più radicale. Allora si vide come Paolo VI, dopo il Concilio delle giuste aperture e dell’affermazione della libertà religiosa, avesse dovuto governare la navicella della Chiesa nel mare in tempesta, ponendo argine ad un rinnovamento che avrebbe snaturato completamente una realtà millenaria fondata anche sulla tradizione. Nel 1967 Bettazzi venne nominato vescovo di Ivrea, dove ricoprì la carica per 33 anni, restando vicino alle posizioni del cardinale di Torino Michele Pellegrino, anche lui appartenente all’ala “progressista“ del Concilio. Nessuno pensò a lui per la cattedra di San Massimo e meno che mai per la porpora cardinalizia. L’arcivescovo di Torino più vicino a lui fu Cesare Nosiglia, figlio di un operaio cassaintegrato che espresse costante vicinanza agli operai che perdevano il posto di lavoro, come aveva fatto in tempi precedenti il vescovo di Ivrea, che scese in piazza a fianco degli operai della Lancia di Chivasso. Arrivato a Ivrea Bettazzi pensava alla città voluta dall’Ing. Adriano Olivetti, morto nel 1960. Il suo progetto di società era vicino a quello di una comunità “a misura d’uomo” di Olivetti, ma purtroppo dopo il periodo in cui venne estromessa la famiglia Olivetti e Bruno Visentini divenne presidente sull’onda della “irizzazione” dell’azienda, il vescovo si trovò con un altro ingegnere molto diverso dal primo, che finì di far prevalere i profitti finanziari a danno dell’azienda che di fatto chiuse, mandando in crisi la città e lo stesso Canavese.
Bettazzi rimase ad Ivrea l’unico elemento importante capace di catalizzare un interesse nazionale e internazionale con i suoi libri e la presidenza della Pax Christi. Era un pastore d’anime ma anche un raffinato intellettuale. Ha ragione Piero Fassino a dire che Bettazzi ha vissuto “la fede come strumento di dialogo, di confronto, di ascolto“ ed è stato un profeta che sapeva comprendere le inquietudini e le sofferenze del mondo, accompagnando ciascuno con fraternità ed amicizia“. Mi capitò di ascoltarlo come conferenziere di eccezionale valore a Chivasso e ad Albenga e qualche volta a cena a casa di Arrigo ed Elena Olivetti. Era persona aperta ed anche il laicissimo Arrigo trovava in lui un valido interlocutore: a dividerli era la concezione liberista dell’economia, che accomunava Arrigo a suo figlio Camillo, che festeggiò quando il nuovo sindaco di Ivrea non era più un esponente della sinistra. Bettazzi sapeva parlare con tutti anche se sosteneva che “bisogna partire dai poveri per arrivare a tutti. Se cominci dai borghesi, metà del mondo rimane fuori“. La sua concezione della vita non mi sembra però che si fondasse sul pauperismo.
E’ rimasto famoso uno suo scambio epistolare con Enrico Berlinguer attraverso il quale il leader comunista volle garantire il Vescovo sulla libertà della Chiesa e sulla laicità del PCI che non era antireligiosa. Ma il problema posto dall’ eventuale compromesso storico era cosa più complessa perché avrebbe creato una democrazia consociativa senza una vera opposizione, con la conseguente possibilità di tagliare fuori dall’Europa l’Italia.
Io suggerii a Luigi Firpo di intervenire nel dibattito evidenziando le riserve dei laici liberali , ma Firpo non accettò la mia idea, ma allora io ero davvero un signor nessuno per intervenire in prima persona. Raccontai tanti anni dopo l’episodio a Bettazzi che rise di gusto e in fondo condivise le critiche al compromesso tra comunisti e cattolici.
Era un cattolico aperto al confronto e un pastore che sapeva distinguere il peccato dai peccatori. In questo fu anche un anticipatore diplomatico di Papa Francesco. La sua approvazione delle unioni di fatto che non potevano essere confuse con il matrimonio naturale tra uomo e donna, come disse con chiarezza, rispecchia la sua umana comprensione verso gli altri, la sua laicità come elemento di equilibrio e di separazione tra Stato e Chiesa, rifiutando le fughe in avanti di chi considera i propri desideri di vita come diritti civili.
Articoli recenti
Categorie
Archivio
- Dicembre 2024
- Novembre 2024
- Ottobre 2024
- Settembre 2024
- Agosto 2024
- Luglio 2024
- Giugno 2024
- Maggio 2024
- Aprile 2024
- Marzo 2024
- Febbraio 2024
- Gennaio 2024
- Dicembre 2023
- Novembre 2023
- Ottobre 2023
- Settembre 2023
- Agosto 2023
- Luglio 2023
- Giugno 2023
- Maggio 2023
- Aprile 2023
- Marzo 2023
- Febbraio 2023
- Gennaio 2023
- Dicembre 2022
- Novembre 2022
- Ottobre 2022
- Settembre 2022
- Agosto 2022
- Luglio 2022
- Giugno 2022
- Maggio 2022
- Aprile 2022
- Marzo 2022
- Febbraio 2022
- Gennaio 2022
- Dicembre 2021
- Novembre 2021
- Ottobre 2021
- Settembre 2021
- Agosto 2021
- Luglio 2021
- Giugno 2021
- Maggio 2021
- Aprile 2021
- Marzo 2021
- Febbraio 2021
- Gennaio 2021
- Dicembre 2020
- Novembre 2020
- Ottobre 2020
- Settembre 2020
- Agosto 2020
- Luglio 2020
- Giugno 2020
- Maggio 2020
- Aprile 2020
- Marzo 2020
- Febbraio 2020
- Gennaio 2020
Contatti
Centro Pannunzio
Associazione culturale libera fondata a Torino nel 1968
Via Maria Vittoria, 35 H
10123 Torino (TO)
Tel 011 8123023
redazione@pannunziomagazine.it
www.centropannunzio.it