“Siamo dilettanti in tutto, ma non nel campo della vita morale. In questo campo sentiamo di non essere inferiori a nessuno, rivendichiamo la nostra competenza. Qui siamo altamente competenti”. Queste espressioni son premesse alla raccolta in volume di Italia da salvare. Scritti civili e battaglie ambientali degli interventi in rapporto alla attività di “Italia Nostra” ( Einaudi, Torino 2005, a cura di Cristiano Spila e con una nota di Paola Bassani, che si dichiara mèmore degli anni in cui difficilmente poteva vedere il padre, eppur testimone della “caparbia volontà di ritrovarlo”, per testargli eredità di affetti ).
Il chiaro scrittore parla di un aspetto “sacro” del paesaggio italiano ( p. 71 ), di una vera e propria “religione” ambientale ( p. 75 ), in un paese “sacro” ( p. 78 ). E si rivolge all’ America, prendendo spunto dalla prodigiosa evoluzione spaziale, per dire: “benissimo, ma ricordatevi che le vostre radici sono qui, in Europa, e soprattutto in Italia” ( con l’intervista al “Villaggio” del dicembre 1973, a p. 76 ). Nel Simposio Europeo di Ferrara dell’ottobre 1978, “l’Italia è un paese sacro non soltanto per noi, ma per il mondo intero” ( p. 79 ).
Il 1978 è lo stesso anno in cui il Bassani, da noi invitato, intervenne in Andria al “Circolo Italia”, in qualità di Presidente di “Italia Nostra”, per proclamare “sacro” il colle circostante Castel del Monte, il “sonetto di pietra”, “Diadema di Puglia”, qual vien definito il maniero federiciano da Ferdinando Gregorovius, fatto segno di minacce di speculazione edilizia, in dispregio del vincolo paesaggistico decretato per legge nel raggio di cinque chilometri ( cfr. i miei Il destino di Castel del Monte, “Nord e Sud”, marzo 1974, pp. 104-107; Fermo impegno per la tutela di Castel del Monte, “Gazzetta del Mezzogiorno”, 13 dicembre 1978; Evocazioni ferraresi e memorie storiche, Laterza, Bari 2008; Nostalgia di Bassani, “Il Resto del Carlino”- Ferrara, 3 gennaio 2009 e La difesa di Castel del Monte, “andrialive” del 20 ottobre 2009 ).
Così, nello stesso anno, Bassani discorreva di intervenire “soprattutto per il Sud, per aiutare a ricolvere il problema del sud, che è un problema drammatico, tragico” ( Un paese sacro, p. 80: con gli esempi dei Sassi di Matera, Maratea e Taranto ). Ed aggiungeva: “Naturalmente, non siamo degli adoratori senza cultura, siamo degli storicisti e sappiamo distinguere ciò che è essenziale da ciò che è pura struttura”. In effetti, aveva osservato a Bruno Zevi, crocianamente, sul tema “Vitalità delle compagini storiche, fattore e prodotto di riequilibrio tra città e campagna” che: “Da vecchio storicista, caro Zevi, amo distinguere. E qui non sono come poeta, se tu mi permetti, ma come presidente di Italia Nostra” ( p. 78 ). Dove il riferimento al rapporto tra parti essenziali e parti strutturali dell’opera d’arte riporta al saggio del 1921 La poesia di Dante, e alla sua lezione e dizione civile. In “Erbario” dell’ 8 dicembre 1984, con la intervista concessa ad Alfredo Cattabiani, Bassani chiariva come la sua posizione, e quella di Italia Nostra, differissero da quella dei Verdi o di qualsiasi consimile formazione parlamentare, perché “potrebbe in qualche modo condizionarmi, o potrebbe limitare la nostra tensione, che è una tensione di tipo religioso, e quindi assoluta” ( pp. 104-105 ). Alla proposta di mandare in America i Bronzi di Riace, Bassani nel 1981 si opponeva perché: “I bronzi di Riace non sono il prodotto di un’opera d’artigianato sia pure sommo, bensì autentici fatti d’arte, di poesia, e, come tali, unici ed irripetibili. Io vengo fuori da una società, da una cultura, da una esperienza che considera la poesia per l’appunto come un evento unico e irripetibile. Adesso, nel mondo in cui ci avviamo a vivere, si tende a mettere tutto su uno stesso piano. (..) Noi siamo diversi. La poesia deve essere considerata un fatto religioso, perché lo è” ( pp. 235-236 ).
Il Giardino dei Finzi Contini, in Ferrara, in realtà, non esiste. Chiarisce ancora Bassani nel 1984: “Corrisponde, piuttosto, al ‘Parco della Ninfa’, giardino di proprietà della principessa Margherita Caetani di Sermoneta, ubicato a Norma, nei pressi di Latina. Corrisponde alla ‘isola del passato’, come diverrà più tardi il giardino dei Finzi Contini, isola del passato” ( pp. 106-107 ). In proposito, Giorgio Bassani evocava la propria poesia, Per il parco di Ninfa, nel 1950:
“Perché dall’avvenire cui si assume esitante
Ancora la mia vita verrà un riso ? Di distante
Isola del passato, là, che chiama che invita !
Quel tuo lume non è il tuo, morte, intriso e tremante ?”
Allorché riceve a Parigi il 3 febbraio 1972 la “Legion d’onore”, Bassani configura, a un tempo, una felice caratterizzazione della Poesia e dell’ufficio che essa richiede ai propri devoti, con lo scrutinio dei debiti contratti verso la civiltà francese delle lettere e della memoria. Per il primo aspetto: “La Poesia, il geloso monarca del quale, esuli ovunque, essi sono ( i.e.: i poeti ), dovunque, i testimoni e gli ambasciatori, non tarderebbe a sconfessarli” ( ovviamente, nel caso di supina subordinazione al sistema o verso qualsiasi ideologia ). Mentre, per il secondo rispetto, lo scrittore non manca di ribadire quanto più volte sottolineato in sede di poetica: “Ma – dico io? – e Flaubert ? Lidia Mantovani, la prima delle Storie ferraresi, un racconto d’una quarantina di pagine che scrissi quando ero ancora un ragazzo – soltanto qualche anno dopo aver smesso di passare le nottate sui Jules Verne, sui Dumas père, sui Ponson du Terrail, sugli Eugène Sue, ecc. – deriva chiaramente da Un coeur simple. Il Giardino dei Finzi Contini, di vingt ans après, implica, a monte, la lettura della Recherche ( dal ’36 al ’38 non lessi niente altro, si può dire ), e rappresenta, della Recherche, una sorta di indiretto, appassionato saggio critico. La stessa semplificazione e rarefazione del linguaggio, da me ottenuta a partire dagli Occhiali d’oro, non l’avrei perseguita senza l’esempio raciniano; e il finale di questo medesimo romanzo, col ‘di più’ esclusivamente lirico che offre rispetto a quanto precede, non è che una specie di quinto atto, in fondo, di quinto atto tipo, per intenderci, quello di Berenice. Quanto all’ Airone, nessuno ci ha pensato: ma, a guardar bene, è ancora Flaubert dei Trois Contes che occorre riporsi per capirlo: e precisamente alla Legende de Saint-Julien l’ Hospitalier” ( pp. 63-64 ).
Ora, il patrimonio estetico presuppone pur sempre la testimoniana morale, il fondamento dello scrigno spirituale o dell’ “anima”. Sì che, in una delle ficcanti sue banderillas ( come, per esempio: “Mi sembra di averlo già detto, un attimo fa. Non le pare ?”, alla p. 114, del 1984 ), Bassani stesso precisa: a proposito di “Italia Nostra e i giovani”: “L’anima, oggi, non dimentichiamolo, resta il nostro patrimonio più prezioso. Lo sanno bene i nostri avversari ( e sono tanti ), che l’anima, loro, l’hanno perduta da un pezzo” ( p. 65, nel 1972 ! ). Ricorderete che dall’ Habeas corpus all’ Habeas animamaveva raccomandato di indirizzarsi l’amato testimone di libertà Ignazio Silone ( p. 46 ). Mentre il filosofo Rosario Assunto, fraterno e solidale, postillava: “Habeas litteras” ( V. le mie Evocazioni ferraresi e memorie storiche, per Laterza, Bari 2009 ). E, per parte sua, lo storicista e idealista Manlio Ciardo ne Il Moderno Principe Aveva ammonito: “Il Moderno Principe non vuole più soltanto il nostro consenso: ma qualcosa che noi non siamo assolutamente disposti a dargli: la nostra anima” ( Editrice Sansoni, Firenze 1972 ).
Per Giorgio Bassani, la centralità dell’anima rifulge ancora a colloquio con Alfredo Todisco, La missione della cultura, del 7 ottobre 1973. Dove, ben oltre la polemica ideologica verso l’Anti-Risorgimento e le posizioni di potere temporale della Chiesa cattolica, Bassani pone l’accento in modo inedito sul primato della coscienza morale, e della sua “scoperta”, con il cristianesimo. “L’evoluzione cui alludo è quella che ha fatto di ogni uomo, anche il più umile, un uomo, sede dello spirito. I greci e gli ebrei non erano riusciti a farlo. Il Cristianesimo sì. Ha messo anche nel più umile degli individui un’anima, pari a quella del monarca” ( p. 73 ). Parole testimoniali e coraggiose per un uomo e pensatore – si badi – di origini e famiglia ebraiche; parole in cui si mantiene alta l’eco del saggio di Croce, Perché non possiamo non dirci cristiani, del 1943. E non erano, codesti, anche i temi e problemi coevi di Ignazio Silone, sulla “Fiera Letteraria” del 22 aprile 1951, poi in Romanzi e saggi ( Milano 1998, II, pp. 1021-1025 ); Rosario Assunto sulla “Fiera Letteraria” dell’ 11 aprile 1954; e Raffaello Franchini, a colloquio con lo stesso Assunto ( Tra funerale e carnevale. Note sulla cultura italiana d’oggi, prima in “Voce Repubblicana” poi nella “Rivista di studi crociani” del luglio-dicembre 1972, quindi nel Dissenso liberale, Sansoni 1974 ) ?
Storicamente, parlando del patrimonio ebraico nazionale ( Intervista a “Tuttolibri”del 17 febbraio 1983, corrispondente alle pp. 249-250 del volume Italia da salvare ), Bassani contesta: “Lo Stato italiano non è uno stato cattolico, è uno stato laico”. E in sede etico-politica finisce per accertare: “Siccome lo Stato non c’è, gli intellettuali, a seconda delle loro inclinazioni ideologiche, si lasciano assorbire dai vari potentati. Sono però convinto che gli intellettuali non devono limitarsi a stare nei partiti: devono tirare a qualcosa di più” ( p. 74 ). Ed è una cifra da “prepartito della cultura”, come nelle premesse del liberalismo crociano.
Per tornare a Ferrara, Bassani invita a conservare e tutelare soprattutto le mura, le “antiche e sacre mura” ( p. 190 ), via Montebello, le traverse stradine di via Carlo Mayr, il delta del Po, il Bosco di Mesola, evitando scempi quali quelli perpetrati per via San Romano o la via Porta Reno ( alle pp. 222-227, dal Bollettino di Italia Nostra del 1979 ).Rispondendo per le rime a un sindaco dell’epoca, che gli aveva imputato di essere un “borghese”, e in un contesto che rievoca il “nostro” Castel del Monte, discorre così della Rocca di Narni: “Si tratta di una delle più belle fortezze medievali che si possono incontrare in Italia, bella quasi come Castel del Monte,e tale che, se si trovasse in Francia, in Inghilterra, in qualsiasi parte d’Europa, le scolaresche andrebbero di continuo a visitarla” ( p. 223 ). Con il che si torna, quasi in circuito, alla memoria da cui siam partiti, per sottolineare l’intensità e le ragioni dell’impegno civile e dell’intervento andriese del Bassani.