Faceva parte della Regio I, quella che conteneva la città di Roma. Era il Latium Novum, il territorio a sud del Liri e di Sinuessa, dove un crogiuolo di popoli, dagli avamposti fenici ai coloni greci, dai sanniti agli etruschi, aveva plasmato una terra fertilizzata dalle antichissime eruzioni vulcaniche, arricchita da un confronto incessante tra culture e conoscenze. La Campania fu uno dei centri culturali più importanti della Magna Grecia e influenzerà nel corso dei secoli la società romana e tutta la civiltà occidentale. Si pensi a Cuma che diffuse in Italia la cultura greca e l’alfabeto calcidese, che assimilato e fatto proprio dagli Etruschi e dai Latini, divenne l’alfabeto della lingua e della letteratura di Roma e poi di tutto l’occidente. Un territorio denso di civiltà e di bellezze naturali che ha lasciato testimonianze uniche: edifici pubblici e abitazioni private, porti e strade, arricchiti da opere d’arte monumentali. La nuova sezione permanente del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, la Campania Romana, ospita circa duecentoquaranta reperti provenienti dai principali centri della Campania antica, da Pompei ed Ercolano, dai siti flegrei, dai centri dell’interno come Capua, oggi Santa Maria Capua Vetere.
L’obiettivo dell’esposizione è di ricostruire l’ambito dei grandi edifici in cui si svolgeva la vita pubblica, civile e religiosa, con tutti i suoi elementi, sculture, pitture, iscrizioni nonché la provenienza della committenza e il senso degli ideali di rappresentazione. Un viaggio nella magnificenza della Campania imperiale rappresentata dalle sculture che ornavano l’anfiteatro capuano, il secondo per importanza, le sculture colossali del Capitolium di Cuma, come la testa di Giove, divenuto simbolo partenopeo con il nome di “Gigante di Palazzo”, gli affreschi della basilica di Ercolano. Splendida la Lanterna d’oro, con due becchi e presa ad anello verticale, il corpo a forma di coppa decorato con un giro di foglie di loto. E’ stata rinvenuta a Pompei, nel Tempio di Venere e datata al I d.C. Fu probabilmente un dono dell’imperatore Nerone alla dea che era divinità tutelare della città.
Il Doriforo è unastraordinaria riproduzione romana in marmo del II sec. a.C. di un originale bronzeo del celebre scultore greco Policleto del V sec. a.C. L’opera, considerata il canone della statuaria classica per armonia e perfezione delle proporzioni, è stata ritrovata a fine ‘700 presso la Palestra Sannitica di Pompei, dove incarnava l’ideale assoluto di perfezione fisica. Le proporzioni fra le diverse parti del corpo, infatti, sono regolate da precisi rapporti matematici, che realizzano un equilibrio considerato perfetto. Serviva proprio come esempio da seguire per i ginnasti che frequentavano l’ambiente. Il protagonista, rappresentato come un portatore di lancia, “è colto nell’atto di avanzare leggermente, ponendo il peso del suo corpo minuziosamente definito sulla gamba destra, mentre la sinistra è flessa all’indietro. Al contempo, il braccio sinistro, piegandosi, segue la tensione della gamba destra, mentre la spalla destra rilassata, di conseguenza si riallaccia al movimento sciolto della gamba sinistra”. Diverse fonti sostengono che il personaggio scolpito sia l’eroe Achille, ma negli ultimi anni sono sorte nuove teorie non ancora confermate, secondo le quali la scultura vestirebbe i panni di Teseo. Mirabile è la Quadriga, recuperata in centinaia di frammenti in momenti diversi della storia degli scavi ercolanesi a partire dal 1739, quando gli scavatori borbonici, procedendo per cunicoli in direzione dell’attuale Via Mare, si imbatterono, ad una distanza di circa 155 metri dal teatro, in un cavallo quasi intero e in numerosi frammenti di un carro bronzeo monumentale. E’ rimasta relegata nei depositi del museo, finché grazie a un accordo con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, l’Istituto di studi sul Mediterraneo del Consiglio nazionale della ricerca ne ha ripreso lo studio, in un percorso tra ricerca e innovazione in cui, accanto alla ricerca storico-archeologica, centinaia di frammenti individuati nei depositi del museo sono stati rilevati e analizzati con utilizzo di fotogrammetria e modellazione 3D. Gli studiosi e il pubblico possono finalmente ammirare un monumento di eccezionale importanza che, sebbene lacunoso, è per la prima volta leggibile e fruibile in modo unitario nei suoi aspetti tecnici, artistici, storici.
Il percorso è allestito nell’ala occidentale al piano terra dell’allora Real Museo Borbonico, come concepito da Michele Arditi, nei primi decenni del XIX secolo, nel rispetto delle sale originarie con le grandi colonne divisorie, le volte decorate e l’ampiezza degli spazi, oltre 2000 mq rimasti chiusi per cinquanta anni. Tutto rimanda a una sontuosità che stordisce, non solo per il fasto e il potere che evoca, ma per la bellezza e l’opulenza messa al servizio delle comunità, simbolo di ricercatezza e di benessere provenienti dalla laboriosità d’intere popolazioni, dalla creatività e dalla capacità di raccogliere e rielaborare influenze disparate per creare il proprio unicum.
La Campania romana è un altro tassello di quella storia di civiltà che ci appartiene e ci congiunge di là dei particolarismi campanilistici. Memorie di un’identità comune, diffusa, profonda, una sorta di struttura connettiva che crea collegamenti e vincoli dentro la dimensione sociale e temporale, che ci lega al nostro prossimo generando uno spazio comune di esperienze e di azioni, unisce il passato al presente, modellando e mantenendo attuali i ricordi costituenti e i nessi culturali.