Fino al 2 febbraio 2025, il Centro Italiano per la Fotografia Camera di Torino ospita una rassegna che illumina il talento di Tina Modotti, figura centrale nella fotografia del Novecento, pioniera in un campo dominato dagli uomini. La mostra, curata da Riccardo Costantini, si inserisce in un più ampio progetto che il prestigioso Istituto torinese dedica alle fotografe di quell’epoca, molte delle quali hanno forgiato la propria arte nell’ambito di un impegno sociale e politico che ha attraversato il secolo scorso.

UN’ARTE CHE PARLA AL PRESENTE

Tina Modotti, nonostante la sua produzione limitata, ha lasciato un segno indelebile nella storia della fotografia. La rassegna torinese celebra una delle artiste più significative del Novecento, la cui carriera, seppur breve (dal 1923 al 1930), ha avuto un impatto duraturo. In Messico, dove visse per gran parte della sua vita, Modotti si immersi nei circoli intellettuali e politici, abbracciando l’ideologia comunista, e divenne amica di Frida Kahlo. L’insegnamento di Edward Weston, suo mentore e compagno, fece maturare il suo sguardo acuto e partecipe, che rispecchiava la condizione degli ultimi, degli emarginati, dei lavoratori.

UNA BIOGRAFIA CHE SI INTRECCIA CON L’ARTE

La sua biografia è una vera e propria avventura, segnata da cambiamenti continui e imprevisti. Nata a Udine nel 1896, Tina iniziò a lavorare giovanissima per aiutare la sua famiglia. Poi, un lungo viaggio la portò negli Stati Uniti, dove intraprese varie esperienze, dalla fotografia alla recitazione a Hollywood. Fu proprio la fotografia, tuttavia, a diventare la sua vera passione. In Messico, la Modotti si dedicò alla documentazione della vita quotidiana, alla miseria, al duro lavoro, ma anche alla bellezza e alla dignità delle donne di Tehuantepec, con uno sguardo che non cercava il sensazionalismo, ma la verità cruda e necessaria.

FOTOGRAFIA E IMPEGNO SOCIALE

Il lavoro di Tina Modotti non è mai stato solo una questione estetica. La sua fotografia era un atto politico, un grido di denuncia contro le ingiustizie sociali. Come sottolinea Costantini, la sua arte è “capace di istanze al femminile di rara forza”, un’espressione che si riflette nelle sue immagini, dove la bellezza si intreccia con la lotta, la sofferenza e la speranza. Il suo approccio alla fotografia era diretto e sincero, senza manipolazioni né artifici. Modotti stessa affermava: “Desidero fotografare ciò che vedo, sinceramente, direttamente, senza trucchi.” In un mondo dove l’arte era spesso vista come un rifugio dalla realtà, lei si faceva portavoce di una verità che parlava a tutti, senza mezzi termini.

IL SUO CONTRIBUTO ALL’ARTE

La sua carriera, seppur breve, è un intreccio di impegno artistico e politico, un viaggio che ha attraversato le strade del Messico, dell’Italia, dell’Europa e degli Stati Uniti. La sua produzione fotografica, pur non essendo vasta, racchiude una forza e una profondità che continuano a risuonare nel nostro presente. Il lavoro di Modotti non si limita a catturare immagini, ma a raccontare storie di vita, di battaglie, di riscatto, di umanità. La sua fotografia, quindi, è una testimonianza viva di una ricerca che non è mai stata fine a se stessa, ma che ha avuto il potere di sensibilizzare e di smuovere le coscienze.

UN MISTERO E UNA FINE IMPROVVISA

Il mistero che circonda la morte di Tina Modotti, avvenuta nel 1942 a soli 46 anni, aggiunge un velo di inquietudine alla sua già affascinante biografia. Ritrovata su un taxi abbandonato, la sua morte è stata oggetto di speculazioni. Seppur i sospetti di omicidio politico non siano mai stati confermati, la sua vita è stata segnata da eventi drammatici, tra cui l’assassinio del suo compagno Julio Antonio Mella in Messico, un fatto che l’aveva coinvolta in prima persona. Nonostante ciò, il contributo di Tina Modotti alla fotografia e alla storia rimane indiscutibile.

L’ESSENZA DI UN’ARTE SINCERA

La sua fotografia non è mai stata “arte” nel senso tradizionale del termine. Piuttosto, è stata un atto di sincerità, di verità cruda, un modo per “guardare senza filtri”, come lei stessa amava dire. Le sue immagini, cariche di una bellezza semplice e diretta, sono un invito a riflettere sulla condizione umana, a scoprire ciò che è nascosto nel quotidiano. Come sottolinea lo scrittore Geoff Dyer, la limitata produzione fotografica di Modotti non è un difetto, ma piuttosto il segno di una vita straordinaria, vissuta intensamente e con un impegno che ha lasciato una traccia indelebile.

In questa mostra torinese, Tina Modotti rivive nelle sue immagini, che continuano a parlarci, anche oggi, della lotta per un mondo migliore, per una società più giusta, per una bellezza che si mescola con la realtà, senza mai dimenticare l’umanità che ne è il cuore pulsante.