Quante contraddizioni sta facendo scattare l’emergenza coronavirus. L’ultimo è l’allarme del mondo agricolo per la mancanza di braccianti per la raccolta dei prodotti (che in gran parte era affidata a manodopera stagionale straniera).
Un problema che c’è sempre stato in agricoltura (vendemmia, raccolta della frutta e ortaggi, ecc.), tant’è che nel 2008 erano stati introdotti i Voucher (anche per altri simili prestazioni occasionali, stagionali). Un meccanismo semplice, efficace, regolare che, ancor più, faceva rientrare nella legalità un’ampia fascia di lavori che erano in gran parte in nero e in mano alla criminalità organizzata.
Era troppo bello per durare; infatti, l’introduzione dei voucher aveva fatto scattare molti pruriti ideologici e ostalità moralistiche di una certa sinistra, di quell’arcipelago politico, sindacale, sociale ( a cui è sempre molto sensibile il PD), che vive di demagogia, retorica, massimalismo, antagonismo, giustizialismo (quel brodo di cultura che ha prodotto anche i 5 stelle. E così la lotta contro i voucher era diventata parte della guerra totalizzante contro la cosiddetta “precarietà” del lavoro. Una guerra di furore che ha preso di mira, assieme ai voucher, tutte le altre forme di rapporto di lavoro non a tempo indeterminato, ovvero: part time, stagionale, temporaneo, occasionale, a tempo determinato. Una guerra che ha trovato vittoria totale e sublimazione nel famoso “Decreto Dignità” di Di Maio, che ha reso sempre più difficile e oneroso ricorrere a tali forme contrattuali.
Un decreto utopistico e velleitario (come il retroterra politico ideologico che l’ha sostenuto), che ci ricorda i famosi “Imponibili di manodopera” del dopoguerra, ma almeno lì c’erano delle buone ragioni; con il quale qualcuno pensava che eliminando o rendendo quasi impossibili i rapporti di lavoro temporanei, ci fosse un automatico aumento dei contratti a tempo indeterminato, e sorvolando sul fatto che comunque nella nostra società ci sono e ci saranno sempre attività che per la loro natura e dimensione sono temporanei, stagionali, occasionali (attività aggiuntive e non alternative), congeniali anche ad una serie di figure di lavoratori, come studenti, donne o genitori con figli, disoccupati temporanei, ecc. Probabilmente, oltre alle solite utopie e demagogie, tra chi sostiene queste azioni, ci saranno state anche buone intenzioni, ma ormai, storicamente, sappiamo che anche le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Perché crolla l’economia, cresce la disoccupazione e cresce l’assistenzialismo parassitario.
Resta il fatto che con questo decreto (e tutto il suo retroterra), si è data un’altra mazzata micidiale a tante attività artigianali, agricole, turistiche, commerciali, dei servizi alle persone; con tante chiusure, fallimenti e ridimensionamenti; generando inoltre un aumento del lavoro nero e del caporalato, specie al sud e per l’agricoltura, dove peraltro si aggiunge il grave problema dell’utilizzo di immigrati irregolari.
Salvatore Vullo
6 Aprile 2020