Sono decenni che mi sforzo di far conoscere la figura di Giuseppe Bottai, tanto da organizzare molti anni fa una giornata di studi al Circolo degli Artisti ora Lettori. Così è stata una piacevole sorpresa visitare la Mostra Arte Liberata” alle Scuderie del Quirinale aperta sino al 15 aprile. Pensata in epoca non sospetta, circa quindici anni fa, da un gruppo di funzionari delle Soprintendenze, che intendevano celebrare e far conoscere loro colleghi degli anni ’30, capaci, appassionati quanto intrepidi.  Soprattutto si scoprono realtà storiche che pochi conoscono quindi una Mostra anche didattica.  Bottai si era insospettito della ossessione di Goering per i Musei, anche perché incautamente in più di un’ occasione, il Gerarca nazista, si era lasciato sfuggire quanto sarebbero state bene in qualche Museo della Germania. Dopo la “vendita” del Discobolo della famiglia Lancillotti, nonostante il parere contrario del Consiglio delle Belle Arti, ma con l’intermediazione di un antiquario senza scrupoli, un certo Ventura e del fatuo Ciano, Bottai intensificò gli interventi per mettere al sicuro e difendere i nostri capolavori, in caso di conflitto, e questa accelerata avvenne  dopo l’occupazione della Polonia. Si prodigò per far mettere il simbolo  universale di inviolabilità sul tetto di Chiese, Edifici storici, Scuole, Musei, anche se ciò nella maggior  dei casi non impedì agli Anglo-Americani di bombardarli ugualmente, La Scala, Brera, Montecassino i più noti. Di questo suo timore informò i suoi consiglieri al Ministero, Rotondi, Argan, Lavagnino e scrisse a Soprintendenti di attivarsi in tal senso. Contattò anche l’amico giovane prelato Montini affinché mettesse a disposizione Monasteri lontani dalle città per portarvici quadri e statue. Tre giovani e brillanti giovani donne, nominate da lui Direttrici di Musei o Soprintendenti, Palma Bucarelli, Fernanda Witthengs, Noemi Gabrielli, furono le maggiori artefici dei salvataggi. Tutto ciò è raccontato nella bella e coraggiosa Mostra a Roma, che consente anche in un sol colpo di ammirare opere di Pier della Francesca, Luca Signorelli, Paolo Veneziano, Guercino, Lorenzo Lotto, Giovanni Bellini, Savoldo, El Greco, Veronese, Tiziano, Tintoretto,  Giorgione, Hayez e molti altri. Il mai abbastanza lodato Curatore, Luigi Gallo, coadiuvato da Raffaella Morselli afferma, e condivido pienamente , che “il patrimonio artistico è stato il vero collante dell’unità nazionale, prima ancora  del 1861”  e le caratteristiche e le molteplici “scuole”, aggiungo io, anche se diverse nei vari territori, non fanno che accentuare l’unicità della nostra Nazione. Fatto da non trascurate è, che è una Mostra  fatta in casa, senza costi esorbitanti, completamente statale, sede, dirigenza, curatori, allestitori, prestatori, dimostrando quanto lo Stato può e deve funzionare in modo eccellente e  non esista un privato buono ed un pubblico cattivo e viceversa. Evocativa la scenografia, il legno grezzo delle mitiche casse che trasportavano i capolavori dalle grinfie di Goering ed Hitler.  Il percorso espositivo è emblematico, inizia  proprio con il Discobolo Lancelloti, il cui fondale ha la foto  inquietante di Hitler, sulla cui divisa al braccio, spicca la svastica che va a finire nelle natiche dell’atleta marmoreo. Subito dopo, pannelli con riproduzioni della L.1089/39 o Legge Bottai, ed in più  la Circolare 131, nella quale impartisce disposizioni per la protezione antiaerea per far apporre il simbolo dei luoghi sensibili da non colpire, ma anche  la L. 1041/40 per la protezione dei beni culturali in caso di guerra. Del lungo elenco di capolavori  salvati, connotativi dell’Arte italiana, di cui il solo Pasquale Rotondi ne salvò circa diecimila, solo ovviamente una piccola ma rappresentativa parte, circa 100, forse la  più iconica, è presente come già scritto, nella Mostra. Il  Curatore Luigi Gallo, ricorda dalla scrivania nella quale  lavorava Pasquale Rotondi, il ruolo fondamentale di Urbino e della Galleria  Nazionale delle Marche, prestatori della Star della Mostra, la Madonna con Bambino ed Angeli detta la “Madonna di Senigallia”  di Piero della Francesca, opera del 1474 e di molte altre. Involontariamente un altro grande marchigiano, Giacomo Rossini , che ha inaugurato a Torino la Stagione per  i 50 anni della ricostruzione dopo i bombardamenti, salvò con i preziosi spartiti nelle casse  sistemate sopra ai  quadri, infatti  i nazisti fecero aprire a campione alcune di esse e vedendo  che  c’era solo “carta”, fecero partire il convoglio. Ricordata anche la figura istrionica di Rodolfo Siviero, il mitico Ministro plenipotenziario che conclude il percorso della Mostra, la sua caparbia e spregiudicata  azione di recupero dopo il 1945, lo porterà ad usare tutti i mezzi per restituire all’Italia tanti capolavori, anche  acquistati “legalmente” da Musei esteri. Non meno interessante il  sontuoso, aulico contenitore,  eretto  nel 1474, su  progetto di Alessandro Specchi e Ferdinando Fuga, l’edificio proprio di fronte al Quirinale, che dismessa nel 1980 la sua originaria destinazione, ha assunto nel 1999, con incarico  di restauro e rifunzionalizzazione a Gae Aulenti, il suo miglior progetto secondo il mio parere,  quello di sede espositiva. Affacciarsi dopo la visita ,dalla  vetrata  della  caffetteria, è la  conclusione esaltante della visita per ammirare dal Colle più alto, Roma in tutta il suo splendore.