Il connubio inflazione-guerra risulta particolarmente indigesto ai mercati finanziari. I tassi che salgono per proteggere il valore reale degli investimenti, a fronte di una inflazione futura più elevata rispetto agli ultimi anni, si riflettono negativamente sui prezzi delle obbligazioni. Gli interessi da pagare crescono danneggiando anche le azioni che soffrono a loro volta del rallentamento economico, dovuto sia alla guerra che alla minore generosità delle banche centrali, e di una alternativa di investimento (le obbligazioni) diventata più interessante (dopo anni di rendimenti negativi o vicinissimi allo zero).Le valutazioni sono uno degli elementi critici che definiscono l’appetibilità dei i titoli rappresentativi delle aziende quotate (le azioni) e negli Stati Uniti in particolare sono da tempo ritenute molto elevate dagli investitori che sono, anche per questo oltre che per l’incertezza sulla crescita futura, estremamente pessimisti. A fronte di una discesa del 18% mercato principale (lo Standard and Poor 500) ci sono però molti titoli, popolarissimi sino a pochi mesi fa, che hanno subito un’autentica falcidia. Ne sono un esempio le ben note azioni “FANG” (Facebook/Meta, Amazon, Netflix e Google/Alphabet). Il caso forse più eclatante è quello della piattaforma di contenuti televisivi a pagamento Netflix. La società californiana ha annunciato nelle scorse settimane che nel primo trimestre dell’anno ha perso circa 200.000 clienti, per effetto della crescente concorrenza e del conflitto in corso che ha provocato la chiusura delle sue attività in Russia. La scoperta che la crescita esponenziale, spinta anche dalla “reclusione” forzata nel salotto di casa, di fronte al pc od al televisore, dovuta alla pandemia, si è arrestata per la prima volta in dieci anni ed ha generato una reazione ferocemente negativa da parte dei suoi azionisti che, rovesciando sul mercato i propri portafogli, ne hanno provocato il crollo del 35% (nella sola giornata dell’annuncio). Il colosso che ad inizio anno valeva quasi 300 miliardi di dollari, e che aveva già iniziato la sua discesa nei mesi precedenti, ne capitalizza ora appena un terzo (100 miliardi). Per mettere quanto avvenuto in prospettiva occorre ricordare che il numero di abbonati alla piattaforma era pari a 221.840.000 alla fine del 2021 e che, dunque, la diminuzione è stata pari ad un minuscolo 0,09% del totale! Evidentemente la casa costruita negli ultimi anni era davvero di carta ed il cambiamento nella direzione del vento è stato sufficiente a ridurla alle proprie fondamenta (il valore di mercato) dalla quale era partita nel 2020 (quando l’esplosione della pandemia aveva attirato frotte di clienti ed investitori). Il più che dimezzamento del prezzo di gran parte (al di là dei FANG) dei titoli più amati dagli speculatori (gli investitori che “giocano” d’azzardo con il proprio denaro e con quello dei risparmiatori dei quali gestiscono i portafogli) non poteva non riflettersi sull’umore degli investitori, che oggi sono più pessimisti che mai. Questo ha anche consentito una salutare riduzione delle valutazioni della borsa statunitense, da 23 a 16 volte gli utili attesi per quest’anno, ora assai più ragionevoli di qualche mese fa e ormai molto vicine alla loro media storica. Il mare rimane molto agitato ma forse le violente correnti che si muovono sotto la cresta delle onde stanno iniziando a ripulirlo dalle alghe/valutazioni insostenibili di molti titoli che rischiavano di soffocarlo. Ciò non significa che non si possano ancora incrociare pericolosi iceberg (il ricordo di quanto avvenuto al Titanic 110 anni è ancora molto vivo): l’inflazione potrebbe rimanere fuori controllo (sostenuta da una guerra senza sbocchi) e le banche centrali arrivare a trascinarci in una recessione aumentando eccessivamente i tassi di interesse. Forse non è questo il momento di gettare l’ancora ma dovremo certamente essere molto attenti e navigare ad una velocità ridotta…la stessa che probabilmente sarebbe bastata per evitare l’affondamento del Titanic.
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