Niente da dire, niente di nuovo. Con il recentissimo “Assassinio sul Nilo” di K. Branagh, cineasta nordirlandese, si conferma ancora una volta la forza artistica del cinema europeo. Il film, remake in chiave espressionista della nota trasposizione cinematografica del 1978 del romanzo Poirot sul Nilo di Agatha Christie, rivela a ogni sequenza solida padronanza delle tecniche teatrali, background culturale, capacità espressiva, sì degli interpreti ma in specie del regista. La vitalità delle radici shakespeariane della formazione artistica di Branagh emerge con evidenza. Inquadrature, ritmo, tempi, linguaggio narrativo, persino le accelerazioni dei dialoghi chiave, contribuiscono alla  credibilità della storia della diabolica coppia … con la vecchia Agatha che regge ancora i fili di una trama sempre avvincente, per quanto oggettivamente inverosimile (ma questa è l’arte…!!) E in più, last but not least, thriller senza sconfinamenti nell’horror, con tensione ma senza pugni nello stomaco, senza violazioni del rispetto dello spettatore. A breve uscirà anche nelle sale italiane ‘Belfast’, film candidato all’Oscar che si annuncia come l’opera della maturità artistica e umana di Branagh. Con il pretesto autobiografico si vanno a rievocare le suggestioni del sangue in Irlanda del Nord, le divisioni religiose, politiche ed economiche nel Regno Unito del XX secolo, gli attentati,  Sunday Bloody Sunday, Bobby Sands, il mito dell’irredentismo cattolico nordirlandese.