Con la scomparsa all’età di ottant’anni di Roberto Calasso la cultura e l’editoria non solo italiana perdono un grande, unico, irripetibile protagonista. Noi siamo ormai abituati ad editori che badano quasi esclusivamente a produrre libri di bassa qualità, vendibili anche nei supermercati. Da Mondadori a Rizzoli, da Einaudi a Laterza l’editoria italiana è decaduta a livelli impensabili. La qualità del libro e la sua veste grafica sono diventati fattori del tutto secondari. Forse solo più una generazione di giovani sta cercando di rimediare ad un decadimento davvero allarmante. La casa editrice Adelphi che si identificava con la stessa vita di Calasso, rappresenta un’eccezione in assoluto. Il suo stile, la sua indipendenza, il suo coraggio sono noti a livello internazionale e hanno tenuto alto in quasi assoluta solitudine l’editoria italiana. Era un uomo che viveva appartato , quasi come fosse un monaco del sapere. Distante anni luce anche dal protagonismo invadente di Elisabetta Sgarbi che passa come l’editrice che ha cercato di porre rimedio al berlusconismo editoriale che ha toccato i livelli più bassi con Cairo. Molti suoi libri sono stati tradotti in 25 lingue e pubblicati il 28 Paesi. Quando Laterza non pubblicò più Croce, fu Adelphi a consentire ad un protagonista della cultura europea del ‘900 di restare in libreria. I testi di Nietzsche e di Kafka costituiscono solo degli esempi diventati emblematici del suo straordinario catalogo. Non c’erano per lui temi proibiti perché Calasso non si è mai lasciato sedurre dalle sirene del conformismo. Pubblicò un libro sull’omicidio barbaro di Giovanni Gentile ,squarciando il velo dell’ipocrisia su una pagina nefanda. Era un editore puro corazzato di cultura altissima ed è stato anche apprezzato scrittore in proprio. Nel giorno stesso della sua morte escono due suoi libri: ”Bobi” e “Meme’ Scianca“, un ultimo messaggio di vita di un uomo straordinario, da tempo malato. Gli venne assegnato il Premio Pannunzio su proposta di Loris Maria Marchetti ma non fu possibile per le sue condizioni di salute, riuscire a combinare la cerimonia. Proporrò che gli venga conferito alla memoria. Avere nella propria biblioteca i libri di Adelphi è un segno di aristocrazia intellettuale in un mondo sempre più becero e plebeo anche nel campo dei libri, spesso lanciati attraverso trasmissioni televisive che sono delle vere e proprie marchette. C’è da augurarsi che Adelphi resti come la volle Calasso, un nome sconosciuto ai più in Italia ma molto apprezzato all’estero. Un’isola di eleganza e di libertà nell’arcipelago del conformismo e della sciatteria. E’ stato l’unico editore italiano davvero liberale nel senso crociano del rifiuto di ogni servilismo.
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