La luce lattiginosa e vagamente plumbea di queste ore, in perfetta sintonia col clima di sospensione da cui siamo tutti avvolti, combacia perfettamente con la tristezza profonda per la notizia della scomparsa avvenuta in queste ore di Aldo Masullo, uno dei più importanti filosofi e pensatori del nostro tempo, maestro di vita e grande comunicatore, a cui nulla sfuggiva nell’attenta ed acuta osservazione della realtà contemporanea, da lui sempre analizzata con un filo di sottile sarcasmo e autoironia.
Mi riesce particolarmente difficile accettare questa perdita, perché pur essendo ultranovantenne (aveva compiuto 97 anni il giorno di Pasqua), Aldo Masullo fa parte di quelle figure che ti immagini eterne, proprio perché la sua mente geniale trasmetteva a chiunque lo conosceva una sensazione d’immortalità, quella immortalità che comunque già gli appartiene per la profonda traccia che lascia in tutti noi ed anche nelle giovani generazioni alle quali si sentiva particolarmente vicino
Ho avuto la fortuna ed il privilegio di conoscere e frequentare negli ultimi decenni il filosofo appena mancato, e nella miscellanea di emozioni e ricordi che si intrecciano nella mia mente in queste ore, un aspetto prevale più degli altri, quello della sua grande signorilità e gentilezza d’animo, dote che è proprio dei grandi che riescono sempre a mettersi un passo indietro rispetto al proprio interlocutore, attento all’ascolto e sempre pronto a commentare un episodio o ancor più una condizione esistenziale con un sorriso amaro a cui si accompagnava anche un tratto di bonaria indulgenza.
Curioso della vita in tutti i suoi aspetti, Aldo Masullo presente sui social fino a pochi giorni fa, aveva espresso sgomento per la pandemia di queste settimane, definendola, con un termine da lui inventato, “panpatia”, intesa come dimensione di sofferenza universale.
Mi piace ricordare di Aldo Masullo la sua voce dal timbro fresco ed argentino quando mi rispondeva al telefono sempre accogliente e pronto ad un dialogo fatto d’immediatezza ed attenzione. E mi torna alla mente la sua figura longilinea, distinta e signorile quando si faceva prelevare sotto al portone della sua dimora vomerese per intervenire come ospite o relatore per raggiungere insieme eventi culturali a cui era invitato a partecipare, e la sua conversazione lucida e versatile durante tutta la durata del percorso in macchina, con un atteggiamento di devota gratitudine per l’invito a partecipare a questo o quell’evento.
Alla domanda se tendesse più al pessimismo o all’ottimismo, mi rispose nel corso di un’ intervista “ Io non sono né pessimista, né ottimista, sono semplicemente realista: tocca a noi saper cogliere le richieste che ci vengono dalla realtà e saper fornire le risposte adeguate.”…
Mi colpiva, tra le tante doti di una mente eclettica ed illuminata, in particolare la sua attitudine alla progettualità, fedele alla sua agenda su cui annotava impegni ed appuntamenti, come se il tempo ed il futuro per lui non avessero limiti e confini.
Mi ritornano alla mente le sue parole intense, calde e cariche di entusiasmo quando, poco più di un anno fa, all’Istituto di Cultura Meridionale, prese la parola per esprimere pubblicamente un suo giudizio e apprezzamento alla presentazione di un mio libro e l’immagine che mi porterò per sempre dentro è quella dei suoi occhi chiari, attenti ma talvolta astratti, come se intenti a guardare oltre l’orizzonte finito, verso un infinito metafisico e ignoto che lui attentamente esplorava e che è forse quella dimensione immateriale a cui oggi è per sempre approdato.
Annella Prisco