Campagna elettorale surreale questa per le Regionali dell’Emilia Romagna che hanno completamente oscurato quelle calabresi,  pure importanti dal momento che certificheranno o meno la debacle grillina anche in meridione, e forse confermeranno la tendenza positiva del partito della Meloni.

Non sono un fan di Salvini, se vivessi e votassi in quella Regione, sarei in serio imbarazzo; concordo che Bonacini è stato un bravo Governatore, tuttavia devo riconoscere che motivi per non votare il candidato del PD ne avrei parecchi.

Ora si tende a ridicolizzare il dilettantismo grillino, dimenticando che una parte della sinistra alleata di Governo, la pensi quasi come loro. In questo momento, il fronte governativo è decisamente spostato verso la solita vecchia sinistra non paga di essere stata sconfitta, non solo dalla storia, ma dall’elettorato.

Eppure il PD, riconfermando se ce ne fosse bisogno, di non essere mai stato un vero partito, preferisce guardare alla sua sinistra piuttosto che analizzare i limiti della sua offerta politica decidendosi, dal momento che piace (paradosso) ai poteri forti (si fa per dire), di occupare stabilmente il centro della scena politica, abbandonando: “intellò”, giustizialisti, preti rivoluzionari e via cantando.

Primo fra tutti, l’estemporanea alleanza con i cinque stelle a livello governativo che, oltre alla ciambella di salvataggio per i grillini, riconferma come una parte della sinistra preferisca dialogare (magari con la solita speranza che era dei comunisti di papparsi gli alleati), con un Movimento nato essenzialmente dall’antiberlusconismo; non per criticare democraticamente quello che era giusto criticare, ma per la vendetta di aver impedito la vittoria di una sinistra che, condannata dalla storia mediante un’operazione trasformistica, avrebbe governato in solitaria. Di questo sarò sempre grato al Berlusca.

Una sconfitta in Emilia Romagna anche se non schioderebbe i “giallo_rossi” dal governo, certamente indurrebbe i moderati del PD a una seria riflessione.

Il secondo motivo tutto emiliano, è essenzialmente legato alla necessità democratica di un ricambio dopo 75 anni ininterrotti di gestione del potere: prima, con tutti i Municipi poi, cinquant’anni fa, con il potere regionale ben più pregnante.

Chi scrive, per averci lavorato a lungo, conosce abbastanza bene pregi e difetti di questo potere che fin dai tempi di Peppone, comiziava a sinistra ma razzolava a destra, tanto da far apparire i socialisti   con le loro riforme di struttura dei rivoluzionari marxisti.

Le fortune comuniste in quella Regione, furono da addebitarsi, da una parte al trasformismo utilitaristico di quelle popolazioni: tutti socialisti, tutti fascisti e poi tutti comunisti , dall’altra, al buon senso, la voglia di lavorare e l’inventiva tutta artigianale che ha consentito uno sviluppo economico equamente suddiviso tra: turismo, agricoltura e impresa manifatturiera diffusa.

Il famoso modello turistico romagnolo fondato sul sacco indiscriminato di chilometri di costa adriatica, ha sicuramente arricchito una parte della popolazione ma i criteri adottati non furono diversi da quelli democristiani. Come mai nessuno abbia fiatato delle migliaia di “pensioni Maria” che non avevano nulla da invidiare all’abusivismo meridionale, salvo di non essere abusive (il che  sicuramente à un’aggravante) ha dell’incredibile, se non per quel compromesso pseudostorico che ha sempre caratterizzato il nostro Paese.

Il modello industriale emiliano,  non ha certo favorito la grande manifattura, ma miriadi di piccole e medie aziende affiancate da mega cooperative, al tempo controllate strettamente dal funzionariato comunista il quale, contemporaneamente, dirigeva sindacati e associazioni di categoria, alla faccia del conflitto di interesse.

Anche l’agricoltura pur essendo, occorre dirlo, un fiore all’occhiello nell’imprenditoria contadina (Cesena  è una delle punte di diamante della distribuzione agricola nazionale), è però da sempre controllata e diretta dalla politica.

Forse un ricambio sarebbe salutare.

Il punto però è: Salvini merita di ereditare tutto ciò? Che al di là dei difetti è il lascito di una delle Regioni più ricche del paese?

Il truce non mi è simpatico, e sarei tentato di essere tranchant e di fare anche io la sardina, nascondendo il fatto che, votare Bonacini vuole dire votare PD,  soprattutto dare una mano al Governo Conte.

Ripensandoci però, devo anche considerare che la Lega da anni amministra bene il vicino Veneto, da poco anche la Lombardia e per interposta persona: Piemonte e Liguria.

Se è giusto dire che si tratta di elezioni regionali e quindi legate agli interessi della popolazione, lo stesso vale per l’eventuale vittoria della candidata leghista che viene fatta apparire, da questi fior di femministi come una mezza deficiente, incompetente e in balia di Salvini, con il padre comunista che non la vota, anzi la sputtana! Fate voi se lei è mezza deficiente o il padre deficiente completo.

Che bello: abito in Piemonte e non devo votare.

Tito Giraudo