Prima di iniziare la visione di un film, appare spesso sul video l’avviso: “violenza, linguaggio volgare, scene di sesso”. Orbene, questo avvertimento lo inserisco anche io, in queste prime righe, per avvisare il lettore di quanto troverà, continuando a leggere. D’altronde, il turpiloquio è caratteristica già ampiamente sdoganata in questa società, ed anche se indegnamente scrivo su un magazine culturale, a volte può capitare di volersi adeguare a questa oramai diffusa abitudine. In fin dei conti già nel Settecento il filosofo inglese Thomas Paine sosteneva che “colui che non osa offendere non può essere onesto”, ed io oggi mi sento di essere molto, molto onesto.

Ma cosa mi spinge ad una ponderata volgarità di espressione e voglia di offendere? Sempre la stessa cosa. L’ipocrisia, il perbenismo di facciata, il falso moralismo, la volontà di andare contro natura pur di essere considerati progressisti e garantisti, e questo sempre a scapito della gente comune, dei sentimenti comuni e del pensiero comune. Ecco, per tener fede al mio proclama iniziale, riferisco di come tutta questa gente politicamente corrotta mi stia enormemente, pesantemente sui coglioni. Molti sono gli argomenti che mi causano questa “orchite da stress”, ma su un paio vorrei soffermarmi, rispettando i protagonisti, ma come dicono a Napoli, schifandone i promotori.

Veniamo al primo argomento. Le olimpiadi parigine. Già come sono iniziate mi hanno fatto passare la voglia di vederle. Una cerimonia volgare ed inutilmente irriverente verso il comune senso, non tanto del pudore, quanto del buongusto, così ed anche – gratuitamente – nei confronti della religione cristiana. Uomini dipinti multicolori, barbuti e vestiti da donna, grassone discinte, e per dirla come il grande Alberto Sordi, uno zozzone nudo, colorato di blu su una tavola imbandita. Non è mancata nemmeno una parodia dell’ultima cena in versione drag queen (l’avessero fatto con Maometto, sai cosa sarebbe successo, ricordiamoci il Bataclan), in poche parole un’apologia del cattivo gusto. Ma lasciamo stare, giusto per non dar subito fondo al mio vocabolario da strada.

Veniamo al piatto forte. Per la prima volta abbiamo assistito ad un incontro di boxe tra un uomo ed una donna. Proprio così. Un pugile, o una pugilessa algerina  (a trovarsela in un vicolo buio le daresti il portafoglio piuttosto che provare a “molestarla”), dicono intersex, ovvero nata con organi riproduttivi femminili (tutti da verificare), ma con cromosomi xy, ovvero MASCHILI, è stata autorizzata a combattere contro delle ragazze. L’ultima, italiana, uscita in lacrime e con difficoltà respiratorie dopo soli 45 secondi per la durezza dei colpi subiti. Gli imbecilli, la cui madre è sempre gravida, hanno detto che il testosterone era basso, che ha la vagina, che non deve essere discriminata. Del testosterone non me ne frega un c…niente (questa me la riservo per dopo). La nostra non ha avuto paura della carica sessuale, di essere molestata, ma di trovarsi di fronte un marcantonio dotato della struttura fisica di un uomo, della densità ossea di un uomo, delle fibre muscolari di un uomo, dei pugni di un uomo, che studi clinici dicono essere mediamente il 168% più forte di quello di una donna a parità di stazza. Figuriamoci quando ci sono 20 cm in più (di altezza, non fate battute…) e 15 kg di massa muscolare in più (la donna accumula più materia grassa che fibra muscolare). Un pugno ben dato da parte di chi ha la struttura muscolare di un uomo in faccia a chi ha una densità ossea di una donna, può avere effetti devastanti, invalidanti, se non letali. Orbene, nel nome dell’inclusività, queste TESTE DI CAZZO hanno mandato una ragazzina a farsi massacrare sul ring, che ha avuto il coraggio, la maturità e l’intelligenza di ritirarsi dopo i primi, violenti colpi subiti. Molti sono gli studi medici che attestano la clamorosa differenza di prestazioni sportive tra uomo e donna, amplificate in un confronto violento. E di questo non si tiene conto in nome della citata inclusività fasulla, di facciata, del perbenismo stolto che non si rende conto di andare in conflitto con i diritti delle donne, dei quali le citate teste di prepuzio si volevano ergere a paladini. Ora si parla di Woke, transex, intersex, lgbtqpryz%&-+ ove tra questi ultimi c’è chi da uomo dice di sentirsi donna, chi da donna dice di sentirsi uomo, chi dice di sentirsi uomo o donna a seconda del momento, e chi chessò ancora. Ma quanto dovremo ancora ascoltare queste stronzate? La natura è la natura. La scelta di genere? E cosa c…avolo (sto esagerando) vuole dire? Tu scegli di essere donna. Mi sta bene. Ti comporti da donna, ami da donna, ti vesti da donna, ricorri alla chirurgia, bene! Mi sta tutto bene, ma non sei una donna, perché non puoi procreare, non puoi allattare. E’ la natura. Io ti rispetto, rispetto le tue scelte, ma cari inclusivisti, non prendetemi per il culo. Non si può stravolgere la natura. Non si deve discriminare, non si deve ghettizzare, si devono garantire a costoro, nell’ottica dell’uguaglianza, gli stessi diritti delle persone etero. Ma senza calpestare i diritti di queste ultime. Senza calpestare i diritti, le aspettative di una ragazza che si allena e si sacrifica da anni, per arrivare a giocarsi una medaglia olimpica, per poi vedere i suoi sogni infranti sotto le mazzate di un energumeno transex, o intersex o che cavolo è.

Io propongo alla innominabile Boldrini – la prima ad ergersi paladina delle sovracitate cazzate, il riconoscimento di libertà di scelta di status economico. Io mi sono sentito e mi sento ricchissimo. Sono libero di sentirmi ricchissimo. Tanto che l’altro giorno mi sono recato in una concessionaria Ferrari, ove ho detto che mi sentivo ricchissimo, e volevo portarmi via una Portofino coi mille euro che avevo in tasca. Mi hanno buttato fuori a calci in culo. Non avevano capito la mia scelta di status.

Veniamo al secondo punto. Miss Alabama 2024. Sono uno schifoso e disgustoso, lo so, non vorrei dirlo ma lo dico, me ne assumo la responsabilità tanto da solidarizzare con lei, ma hanno eletto un ippopotamo. Mi vergogno di questa frase, ma gli estremismi attirano gli estremismi contrari.

Nell’ottica dell’inclusivismo, al grido di grasso è bello, hanno eletto una ragazza, pesantemente obesa, tanto da non poterne nemmeno apprezzare i lineamenti. Io non voglio discriminare, ma non era un concorso per un posto da impiegata contabile, ma un concorso di bellezza. Ed i canoni di bellezza non sono quelli appartenenti alla neoeletta miss. Per distorcere la realtà, per ipocrisia, sono state calpestate le legittime aspettative di ragazze, non anoressiche, per carità, ma che hanno fatto anni di sacrifici alimentari, di sudate in palestra, per vedere eletta chi magari potrebbe aver passato lo stesso periodo ad ingozzarsi di maccheroni e pizza.

Purtroppo, si nasce belli, chi non lo è tanto, può migliorare, ma non può diventarlo. Ed i concorsi di bellezza sono riservati ai belli. Non puoi sempre stravolgere la natura, per buonismo idiota. Sempre a Napoli si dice che “ogni scarrafone è bello a mamma suia”, ma esistono anche le altre mamme.

Cos’hanno voluto dimostrare gli ipocriti d’oltreoceano? Che anche un’obesa può essere bella. Includiamo anche gli XXL nel concetto di bellezza. Invece null’altro hanno fatto che sdoganare una malattia pericolosa, come quella dell’obesità. L’obeso non è bello, è uno che ha un’aspettativa di vita più bassa degli altri, che va incontro a gravi patologie articolari, di limitazioni di mobilità, di gravissime patologie polmonari e cardiache. L’obesità non va promossa, va combattuta. Sono gli stessi americani a considerare l’obesità una delle problematiche più diffuse e pericolose per la loro società. Mandano in onda spesso trasmissioni che evidenziano il problema. E poi eleggono una miss obesa che faccia da esempio alle più giovani. Eddai, forza, strafogatevi. Ipocriti, pericolosi e stupidi. Dissociati cerebrali.

Ah, dimenticavo. Miss Maryland è un trans. Per finire, ho letto da qualche parte di una circolare di Bruxelles, che sconsiglia ai legislatori di non usare determinate parole perché non inclusive, e scorrette politicamente, che vanno ad evidenziare le differenze di genere. Non usate la parola “virile” perché è riferita agli uomini e quindi discrimina le donne. Virile è uno dei più bei complimenti che si possa fare ad un uomo. Un uomo dotato di virile determinazione… che bello. Non usare la parola stridula, ma acuta, perché può essere accostato ad una brutta immagine femminile. Magari, chissà, saranno stati più striduli che acuti i gemiti della nostra povera pugilessa sotto i colpi dell’energumeno transgender..

Non dire fratelli e sorelle, ma sorelle e fratelli, non dire signori e signore, ma signore e signori. Io lo faccio da sempre, non per parità di genere, ma per galanteria. Che forse costoro non sanno cosa sia. Costoro, che per scrivere queste boiate guadagnano 15.000 euro al mese. Oddio, è qualche riga che non scrivo parolacce. Non si dica poi che prometto a vuoto. Ordunque, sono veramente schifato, nauseato da tutto questo, ne ho le balle piene di chi va in giro a dire cazzate ed a stravolgere le regole della natura nell’ottica di questo merdoso inclusivismo (come odio questa parola che non vuole dire nulla, come il nulla che c’è nel cervello di chi la ostenta). Va bene, ho capito, sono omofobo, razzista, grassofobico, reazionario, antiinclusivo. E voi siete delle teste di cazzo.

Sono stato abbastanza onesto?