Il Castello di Novara ospita una mostra d’eccezione, dal titolo “Boldini, de Nittis et les italiens de Paris”, curata da Elisabetta Chiodini, visitabile fino al 7 aprile 2024.

Questa mostra trasporterà  il visitatore, attraverso circa novanta opere, nella Parigi della Belle Époque per ammirare i dipinti degli artisti italiani che, a partire dalla metà dell’Ottocento, raggiunsero il successo internazionale  nella Ville lumiere, diventata in quegli anni capitale dell’arte, delle mode e del progresso.

Negli anni centrali dell’Ottocento il panorama artistico francese vide affermarsi la poetica del realismo grazie all’esperienza  dei paesaggisti della scuola di Barbizon e alla rivoluzionaria opera di Gustave Courbet .

I nuovi orientamenti dell’arte francese verranno ben presto conosciuti nel contesto delle esposizioni universali, la cui prima edizione parigina risale al 1855, che consentiva ad artisti, curiosi, collezionisti e mercanti d’arte di entrare in contatto con i più importanti esponenti della cultura artistica del tempo. L’Exposition Universelle del 1867 fu la prima strutturata a padiglioni e confermò Parigi, parafrasando Walter Benjamin, capitale del lusso e delle mode, del progresso e della civiltà. Sarà proprio dagli anni Sessanta che intraprendenti mercanti  di arte contemporanea,  francesi, inglesi, tedeschi e olandesi faranno a gara per assicurarsi le opere di giovani artisti promettenti, riuscendo a convincerli a stipulare contratti in esclusiva  e diventandone gli intermediari con i compratori e il loro gusto estetico.

I soggiorni parigini degli artisti italiani saranno talmente proficui dal punto di vista artistico e commerciale che alcuni si stabiliranno in pianta stabile a Parigi.

La mostra novarese ripercorre la carriera degli italiani a Parigi seguendo un allestimento al contempo cronologico e tematico, evidenziandone i rapporti con i maggiori galleristi dell’epoca, quali Friedrich Reitlinger e Adolphe Goupil, Thomas e William Agnew, illustrandone l’evoluzione stilistica che li  vede dapprima assecondare le mode orientaleggianti, neosettecentesche e neopompeiane degli anni Sessanta e Settanta, per farsi poi cantori della belle Époque, ritratta in modo raffinato e elegante.

Sezioni monografiche sono dedicate agli artisti di maggior successo, Giuseppe De Nittis di Barletta, il livornese Vittorio Corcos, il romano Antonio Mancini, il ferrarese  Giovanni Boldini e il veneziano  Federico Zandomenighi, gli ultimi due  accomunati dalla precedente esperienza fiorentina a contatto con i macchiaioli.

Approfondimenti tematici sottolineano i soggetti maggiormente frequentati dagli artisti italiani a Parigi, dalle vedute urbane alle figure femminili colte in momenti di intimità fino al cosiddetto “ritratto mondano”, in cui a eccellere fu Giovanni Boldini, di cui la mostra presenta lo splendido ritratto a pastello di Emiliana Concha de Ossa, detto il ‘Pastello bianco’.

La prima sezione è  l’occasione per vedere alcune espressioni di genere, di pittura locale ma maestosa, nelle raffigurazioni di Francesco  Paolo Michetti e l’orientalismo di Alberto Parigi, per citare un paio di presenze in questo quadro introduttivo in cui compare anche il primo Boldini, risalente agli anni Settanta.

Nella seconda sezione si svolge il cosiddetto duello, confronto diretto tra Giuseppe de Nittis e Giovanni Boldini. Più compiuta e distesa la pittura di de NIttis, ariosa anche se non priva di slanci cupi e preavanguardisti; controversa quella di Boldini, che rende il quadro il territorio di una lotta tra segno e colore, tra sintesi e analisi della figura. Tra le opere di Boldini si vedrà  una serie di dipinti dedicati a Berthe, modella e amante del pittore per circa dieci anni, tra cui “Berthe che esce per una passeggiata” del 1874, “Berthe legge la dedica su di un ventaglio” del 1878, figura che verrà   poi sostituita dalla mora e sensuale Gabrielle de Rasty, moglie del conte Costantin de Rasty, con cui Boldini intratterrà un’intensa relazione sentimentale  fino alla fine degli anni Novanta. La si potrà ammirare sul divano dipinta in una grande tela  (1878 1879). Di Boldini si ricorda  anche la celeberrima Amazzone del 1879, ritratto dell’attrice Alice Regnault a cavallo e “Fanciulla con gatto nero”.

Tra le numerose opere di Giuseppe De Nittis è presente “La discesa dal Vesuvio” (1872), dipinto esposto al Salone del 1873, quindi “Sulle rive della Senna” e “Dans le blé”, entrambi dipinti nel 1873 e quest’ultima esposta al Salone del 1874. La preziosa tavoletta è  stata richiesta per un’importante esposizione al Musée d’Orsay, lascerà la sala prima della conclusione della mostra, ma sarà sostituita in versione clonata ad altissima definizione riprodotta in dimensioni reali. Sono esposti il famoso “Al bois de Boulogne” dalle collezioni Enrico Piceni, ‘Leontine in canotto’ (la moglie di de Nittis) e due pastelli grandi al vero “In visita” del 1881 e “Fiori d’autunno” del 1884, tra le ultime opere dell’artista scomparso a soli 38 anni nell’agosto del 1884.

La pittura regionale ricca di temi popolari si impone nella sala dedicata ad Antonio Mancini, mentre la sezione su Federico Zandomenighi comprende quattordici lavori datati tra il 1876 e il 1903, una sorta di piccola antologica delle sue evoluzioni, dalla volontà di realismo alle prove di primo Novecento che vedono trionfare il colore sul disegno.

Il confronto tra la pittura di de Nittis, Boldini e Zandomenighi si incentra nella quinta sezione dedicata alle vedute parigine e londinesi e si rinnova nella sala della dimensione intima, in cui la figura umana è sempre meno idealizzata. Si ritorna a una certa austerità espressiva con il focus su Vittorio Matteo Corcos, per poi entrare nella sala della vita mondana dove domina Boldini, colto nella sua doppia natura, di esteta e di avanguardista, che utilizza il segno come puro mezzo linguistico. Tra queste vedute urbane ricordiamo la famosa Place cliché (1874) di Boldini e la monumentale Westminster (1878), tela eseguita da De Nittis per il banchiere Kaye Knowles. La sezione si chiude con ‘Place d’Anvers a Parigi’ di Zandomenighi, dipinto universalmente riconosciuto come uno dei capolavori indiscussi dell’artista, oggi di proprietà della Galleria Ricci  Oddio di Piacenza.

La settima sezione sarà dedicata al pittore livornese Vittorio Matteo Corcos, giunto appena ventunenne a Parigi nel 1880. In alcune sale ricordiamo La farfalla, L’inglesina, Ragazza in riva al lago  e il celeberrimo “Le istitutrici ai campi Elisi” del 1892.

L’ultima sezione è poi dedicata ai ritratti mondani eseguiti da Giovanni Boldini e Vittorio Matteo Corcos, una tipologia di ritratto molto amata che renderà questi pittori molto ricercati tra i contemporanei.