Esce (finalmente?) tradotto in italiano un poderoso commentario queer alla Bibbia, da oltre dieci anni in circolazione nella versione originale inglese: BIBBIA Queer, un commentario , pp.1136, euro 79, Edizioni Dehoniane Bologna.

Il testo originale  si compone di saggi di “studiosi e pastori che attingono alle teorie femministe, queer, decostruzioniste e utopiche, alle scienze sociali e ai discorsi storico critici” ed è assemblata da due curatori di area protestante. La traduzione italiana ha invece l’editore, un curatore e due introduttori tutti di area cattolica.

Una Bibbia queer desta certamente curiosità. Leggerla magari? forse sì o forse no. E’ parecchio voluminosa e costosa, meglio prima cercar di capire se ne valga la pena frugando tra articoli e recensioni.  Sono presenti sui Media alcuni testi con molti virgolettati, vale a dire citazioni precise che un’idea magari possono darla. Un’indagine certamente sommaria, sufficiente tuttavia a suscitare perplessità e provocare un senso di confusione.

Qualche sottolineatura a proposito dell’edizione italiana.

Il curatore, Gianluca Montaldi, evidenzia come “il confronto della riflessione teologica con le tematiche del genere e in particolare queer sia ancora legato a realtà marginali se non perfino devianti.” Questo a me sembra perfino ovvio, fatico ad immaginare un mondo tutto queer. A quanto pare non è così per il nostro che con quell’ancora dice tutto il suo rammarico.  Egli infatti aggiunge sconfortato “che queer riguardi, invece,un’opzione  dell’intera società rimane l’idea di pochi”. Pochi, evidentemente illuminati, oltreché pochi con suo disappunto.

Gli introduttori, Selene Zorzi e Martin M. Litner, ci informano che tutto porta a pensare che i redattori biblici “supponevano che esistessero solo due sessi, maschile e femminile”. Che stranezza! Queer appunto significa più o meno strano.  “Gli antichi non conoscevano ancora – e di nuovo un ancora! – il complesso sviluppo dell’identità sessuale e di genere di una persona”

Entrambi gli ancora suggeriscono un’idea di progresso piuttosto superficiale: si dà per scontato che ciò che viene dopo sia sempre meglio di ciò che era prima. Insomma ogni momento storico è superiore a quello precedente, così come lo è ogni pensiero, ogni visione. Dire questo significa non vedere come la ricchezza e la complessità della storia, costruita da un agire umano libero, e proprio per questo denso di contraddizioni, ci mostri una realtà ben diversa.

“Il presupposto teologico fondamentale è che il Dio biblico è un Dio queer” suggeriscono i due introduttori. E queer (sempre scritto in corsivo) è a questo punto, ovviamente, Gesù: “Un Gesù queer testimone di un Dio queer”. “Egli si rivolge ai peccatori, alle donne, ai bambini, agli schiavi, ai malati, agli abbietti, a tutti coloro che erano ai margini, esclusi dalla normalità”. E fin qui difficile non essere d’accordo. Ma poi, “Si fa beffe della famiglia di sangue”. Mah! Qui resto perplessa. Andrò  a leggere con più attenzione il Vangelo.

Su Tuttolibri de La Stampa del 2 dicembre scorso, ben due pagine sono dedicate alla Bibbia queer (non in corsivo questa volta ma vergato con i colori dell’arcobaleno). E questo non stupisce. Stupisce un po’ che l’elogio del libro sia firmato da un monaco.  Un’opera, egli ci assicura,  attesa e oggi più che mai necessaria che infrange schemi familiari un po’ logori, e presenta nuovi modi di riflettere sul divino. L’autore  sottolinea inoltre quanto sia fondamentale l’attenzione alla vulnerabilità dell’amore – nessun dubbio su questo – ma anche alla fatica della fedeltà mai piena – qui invece, moltissimi dubbi.

Sono confusa e mi chiedo: forse sono vittima di un pensiero ingenuo, o magari di un pensiero troppo forte, nel senso di dogmatico, incapace di flessibilità? Insomma, duro più che forte. Faccio dunque male ad appoggiarmi, sentendomi confortata, ad un pensiero umile in ascolto della Rivelazione? E della Tradizione?