La festa della Liberazione del 25 aprile non ha un colore politico. Appartiene a tutti gli italiani che in quel lontano giorno del 1945 hanno visto quel che restava di un esercito straniero occupante prendere la strada per varcare le Alpi e lasciare l’Italia.
Fu la Liberazione.
Quell’esercito, occupando il nostro paese, aveva razziato, sequestrato, inveito sulla popolazione inerme. Fucilazioni sulle piazze, rappresaglie, deportazioni in massa di ebrei e di antinazisti. Il tutto per una forma di fanatismo, spacciato, come tutti i fanatismi, quale difesa di grandi ideali.
Quell’ esercito aveva perseverato nelle sue azioni, ormai criminose, anche dopo lo sbarco in Normandia del 6 giugno 1944 e dopo il fallimento dell’operazione Valkiria del 20 luglio di quello stesso anno che era spia del fatto che c’era chi in Germania mirava a trattare una resa onorevole con il nemico, risparmiando alla popolazione lutti e umiliazioni di ogni tipo. Si combattè perciò “fino all’ultima cartuccia”, cioè fino all’ultimo uomo, “uomini” considerandosi adolescenti di 15 o 16 anni, alcuni dei quali morirono per una causa già persa.
Il risultato fu l’ inasprirsi di una guerra che aveva convolto anche i civili, creando nuove vittime, nuovi orfani in tutta Europa, teatro di una guerra che non aveva più senso.
Il risultato fu che, nella Berlino occupata dagli eserciti vittoriosi, furono tante le vedove che, per sfamare i loro figli, si prostituirono ai soldati nemici.
Chi ritiene oggi che la festa della Liberazione sia una festa “comunista” sottovaluta queste verità storiche che balzano agli occhi, per poco che si compia la semplice operazione di allineare i fatti lungo l’ asse temporale di riferimento.
Si dirà che quest’operazione era in quel momento più difficle di quanto non lo sia oggi, quando facendo i conti con una realtà meglio definita e definibile, risulta evidente che alcune cose non possono ignorarsi.
È certo comunque che l’ostinazione di alcuni a non vedere oggi quel che è palese si spiega con molta difficoltà. A meno di ritenere che ci sia un “anticomunismo” ancora più anacronistico di qualsiasi forma di comunismo di stampo stalinista e che riguarda la pretesa di una resa di conti da parte di neo-nazifascisti (che idealmente oggi si allineano ai fiancheggiatori dell’invasore) contro partigiani “rossi” che comunque allora combatterono (e morirono) per la libertà assieme a socialisti, democristiani, repubblicani neo-garibaldini e perfino monarchici.